Locandina del film. Dal sito mymovies.it

Le donne e il domani

La rubrica “Shameless” ha il compito di raccontare e condividere paure e fragilità che in età adolescenziale spesso tendiamo a mascherare o evitiamo di affrontare. Per questo noi ci siamo chiesti, c’è qualcosa che il nostro liceo può fare, per invogliare gli studenti a parlarne ed aiutarsi tra loro? La risposta è sì e una di queste, è l’arte della parola, la diffusione della cultura. Nel senso di partecipazione ad eventi, presentazioni di libri, o la “semplice” visione di un film.

Tra le tante scuole italiane ad aver voluto sfatare il mito dell’ “opera priva di qualità e di scarso valore” in merito al film intitolato “C’è ancora domani”, vi è anche il nostro liceo Aristosseno. Proprio per il motivo ivi citato infatti, durante la sua produzione, la regista e attrice Paola Cortellesi non ha ricevuto alcun finanziamento pubblico dal Ministero della Cultura. Perché come può un film, in bianco e nero, ambientato nel secondo dopoguerra, coinvolgere il pubblico? O ancora, come può fungere da lezione per gli studenti? Probabilmente è questa la domanda che si è posta la commissione del Ministero. Ed ancora più probabilmente, non si sono preoccupati di attribuirne una risposta. Così, l’abbiamo fatto noi ragazzi.

Molte classi del nostro liceo, nel mese di marzo, si sono recate al cinema proprio per la visione di questo film. E dunque ci chiediamo, cosa ci ha trasmesso “C’è ancora domani”?

Innanzitutto, parliamo dell’importanza del nostro voto. Nel film, Delia, la protagonista, vince un’importante battaglia: forzata a vivere in una casa violenta e priva di amore e libertà, lei riesce a fuggire e partecipare alle votazioni politiche, con altre 13 milioni di donne italiane. Erano il 2 e il 3 giugno del 1946, e l’89% delle donne sono corse alle urne per votare. Nelle elezioni del settembre 2022 invece, il 42,8% degli italiani dai 18 ai 34 anni, non ha votato. È stato registrato il più alto tasso di astensionismo della Repubblica e la cosa più preoccupante, è che si tratta di giovani. In effetti è molto comune oggi, l’astenersi dalle votazioni.

Molto spesso noi adolescenti pensiamo di non contare nulla, pensiamo di non comprendere nulla. E quindi lasciamo correre. Perché non è una materia che ci riguarda, non sembra interessarci. L’affermazione più comune tra gli adolescenti? “Tanto un voto non cambia”. E se ci facciamo caso, questo pensiero replicato per buona parte degli italiani, non ha dato risultati fruttuosi. Forse, non abbiamo ancora raggiunto quella maturità che ci spinge ad informarci sul nostro governo, da cui dipende anche il nostro stesso stile di vita. Magari non ce l’hanno mai insegnato, magari non stavamo ascoltando. O semplicemente, appunto, non ci interessa. Ma come sarebbe la nostra vita se proprio noi giovani cominciassimo a prendere in mano la situazione?

Giacomo Ulivi, partigiano di 19 anni condannato a morte proprio per essersi interessato e aver agito per il suo e per il nostro futuro, si poneva la stessa domanda nei tempi del fascismo. E nella lettera scritta prima della sua condanna, si dimostra fiducioso nei nostri confronti, credendo che non avremmo mai più lasciato oscurare la nostra intelligenza e il nostro libero pensiero da altri dittatori. Perché dimenticare, oltre ad essere immorale, significa anche essere colpevoli e fautori di un futuro che, ad oggi, conosciamo già e dobbiamo evitare. 

Qui sta la nostra colpa, io credo: come mai, noi italiani, con tanti secoli di esperienza, usciti da un meraviglioso processo di liberazione, in cui non altri che i nostri nonni dettero prova di qualità uniche in Europa, di un attaccamento alla cosa pubblica, il che vuol dire a sé stessi, senza esempio forse, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola? Che cosa abbiamo creduto? Creduto grazie al cielo niente ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.

Giacomo Ulivi

Al termine di questa lettera, ci augura un buon lavoro. Ci augura più consapevolezza, maturità, rispetto per noi stessi, di continuare a combattere per i nostri diritti e per la nostra libertà. Giacomo ha fiducia nelle nostre coscienze, così come dovremmo iniziare ad averne noi.

Abbiamo dimenticato, soprattutto noi donne, quanto abbiano lottato i nostri nonni e bisnonni per vivere nell’Italia di oggi. Abbiamo lasciato alla storia Donne come Delia, che si è sentita finalmente tale, proprio davanti alle urne. L’essere alla pari ed avere pari diritti ed opportunità, oggi sembra scontato, in Italia. Ma per arrivare a questi risultati, o talvolta miglioramenti, ci è voluto tempo, impegno, sacrificio.

E non si tratta solo del suffragio universale. Perché il film riflette anche la violenza domestica, la violenza di genere, l’annullarsi della propria persona. Esistono tante altre Delia nel mondo, che subiscono violenza di qualsiasi tipo. E chissà quante, studentesse o mamme che siano, fanno parte della nostra piccola realtà tarantina e non sanno come chiedere aiuto. Secondo uno studio dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e della Banca Mondiale, la violenza domestica è la causa principale di morte o lesioni gravi per donne tre i 16 e 44 anni, e l’UNIFEM (Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne), riporta che una donna su tre è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita. E anche in questo caso, il film tocca con delicatezza questo tema, di un amore, se così può essere definito, malato. Le scene di violenza vengono rappresentate come una danza, la sofferenza sembra quasi essere più leggera. Sembra. E quante di noi hanno sperato, guardando il film, di aver vissuto una danza e di non aver provato il dolore che, in realtà, Delia provava ogni giorno?

Ma noi possiamo scegliere di salvarci. Possiamo chiedere aiuto, possiamo lottare, possiamo essere la Delia coraggiosa che sceglie di votare o la Marcella che si lascia aiutare e si salva da un matrimonio che sarebbe diventato tossico. E Paola Cortellesi ce lo mostra a pieno. Paola Cortellesi grida a noi donne “Andate a votare”. Paola Cortellesi urla a noi giovani “Non abbiate timore di farvi valere”. E così fanno molte scuole italiane, così fa l’Aristosseno. Il nostro voto, il nostro pensiero, la nostra collaborazione sarà sempre importante. Perché c’è ancora domani per esprimerci. 

C’è ancora domani per denunciare.

C’è ancora domani per parlare.

Dobbiamo avere coraggio.

Stringiamo le schede come biglietti d’amore – Anna Garofalo

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